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QuietStar: l’Ai che sa pensare prima di rispondere alle domande

Un passo avanti rivoluzionario nel campo dell’intelligenza artificiale è stato compiuto da un team di ricercatori di Stanford in collaborazione con il gruppo “Notbad Ai”.

Il loro nuovo modello non si limita a fornire risposte immediate, ma si concede il tempo di “pensare” e ponderare le informazioni prima di elaborare una risposta accurata e ponderata.

Questa versione rappresenta un cambiamento significativo rispetto ai tradizionali sistemi di intelligenza artificiale, che tendono spesso a dare risposte immediate e non sempre precise. La sua capacità di riflettere permette di:

  • Esaminare attentamente le informazioni, considerando diverse prospettive e tenendo conto di tutte le variabili coinvolte.
  • Formulare risposte più precise e pertinenti, basate su una comprensione più approfondita della situazione.
  • Ridurre il rischio di errori, causati da interpretazioni affrettate o superficiali.

QuietStar Ai, come funziona?

Il nuovo algoritmo di QuietStar, sviluppato da Erik Zelikman e colleghi alla Cornell University, istruisce l’AI a generare una moltitudine di “ragionamenti interni” in parallelo, prima di rispondere a un input. Quando arriva il momento di dare una risposta, l’AI genera un mix di previsioni, con e senza ragionamento, e sceglie la migliore, che può essere verificata da un umano, a seconda del tipo di domanda. Infine, impara a “pensare” scartando i ragionamenti che errati, proprio come facciamo noi umani.

Per creare questa “IA contemplativa”, i ricercatori hanno costruito un’IA addestrata su sette miliardi di parametri. Gli autori ritengono che sia in grado di superare addirittura l’ultima versione del modello Llama di Meta. QuietStar è stato programmato, essenzialmente, per mostrare il suo lavoro mentre motivava i suoi risultati e gli utenti del modello potevano quindi selezionare quale risposta fosse più accurata tra quelle fornite in modo tale da addestrarlo continuamente.

Questo approccio, ha fatto sì che il modello fosse accurato nel 47,2% dei casi. Sebbene possa apparire un risultato non sensazionale, tutto ciò rappresenta in realtà un netto miglioramento rispetto al 36,3% ottenuto senza “ragionamento” interiore.

Qual è il futuro dell’Ai?

Come emerge da questo studio, far dialogare le Ai con se stesse le rende più intelligenti. Ciò potrebbe apire la strada a un’intelligenza artificiale più evoluta, capace di:

  • Comprendere il contesto
  • Prevedere le conseguenze delle proprie parole
  • Sviluppare il “buon senso”, applicando logica e ragionamento per risolvere problemi e prendere decisioni sensate.

Ricerche come questa, ci ricordano che l’intelligenza, sia essa artificiale o umana, non è solo una questione di velocità o di potenza di calcolo. È soprattutto una questione di riflessione, di ragionamento e di capacità di empatia.

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